lunedì 15 marzo 2010

Lo sapevo fare anch'io



Nel Rinascimento lo spazio prospettico è il simbolo del possesso umanistico dell’Universo. Al centro c’è la pupilla dell’artista, immobile e orgogliosa. Il Romanticismo porta a una perdita di dimensione ed esprime l’ansia portata da uno spazio discontinuo.
Nei primi anni del ‘900 il cubismo tenta di agguantare una quarta dimensione oltre alle tre della geometria euclidea, razionalmente e in sintonia con le nuove scoperte della teoria della relatività, e così lo spazio diventa moltiplicato.
Più avanti Willem De Kooning dirà “Tutto lo spazio che mi interessa è contenuto all’interno delle mie braccia aperte…” descrivendo così quella che allora fu definita la metafora del muro, l’espressione di una impossibilità conoscitiva. L’Universo si chiude intorno a noi come una parete invalicabile e impenetrabile.
Questo è il terreno nel quale prendono vita ovali crivellati di buchi e grosse tele monocrome squartate da tagli verticali apparentemente casuali. Che cosa vorranno significare?
Un pazzo a cui non piaceva l’arte, o forse non sapeva disegnare e sfogava in questo modo la sua frustrazione. Ho sentito dire di tutto su Lucio Fontana, ma la frase più comune è:
“Lo sapevo fare anch’io!”
Pare che l’artista sia il mestiere più semplice del mondo, che si tratti solo di bucare o tagliare un pezzo di stoffa. E’ stato anche detto con indignazione, che Fontana negli ultimi anni di vita facesse fare i suoi “tagli” a dei collaboratori. Così come Warhol faceva nella sua Factory.
Ma questo in che modo ci interessa? Quanto vale economicamente una rivoluzione culturale?
Perché al giorno d’oggi non si considera niente se non ha un valore in denaro, e allora ci scandalizziamo quando una delle sue opere viene venduta a 650 mila euro (la sua quotazione più alta per il Concetto Spaziale – Attesa venduto nel 2007 a Milano) senza renderci conto che una dichiarazione d’indipendenza non ha prezzo.
Forse, più che il costo dei suoi quadri, dovrebbe farci riflettere che non si comprende quale avanguardia abbia portato al pensiero e alla cultura lo Spazialismo di Fontana, perché lo sputo ritrovato sul vetro protettivo di una sua opera alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma è il segnale che qualcuno non solo non apprezza, cosa peraltro rispettabilissima come tutte le opinioni, ma denigra, sbeffeggia, ridicolizza e che si sente in diritto di sovrapporre la sua viscida “firma” a quella di Lucio Fontana pensando che il fratellino minore saprebbe fare di meglio!
La soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli ha spiegato: “Chiunque l'abbia fatto, aveva in mente un'idea precisa. Cioè che lo sfregio all'arte non era il suo sputo ma proprio i tagli di Fontana. Un diffuso luogo comune è il seguente: ma quale arte, quella 'roba' so farla anch'io”. La Marini Clarelli ha poi aggiunto: “Il fastidio e l'irritazione è soprattutto una caratteristica del pubblico appena adolescente. Tipico di chi viene qui, magari con una visita scolastica, e a quattordici anni dice: 'mio fratello è più bravo’”.
L’episodio ha spinto la soprintendente e la Galleria a proporre dal prossimo 13 maggio una mostra dedicata al concetto di taglio nel Novecento, al centro della quale ci saranno proprio i lavori di Fontana, i suoi quadri che sono una dichiarazione di guerra all’impotenza di rappresentare le dimensioni dell’occhio e della mente. Sono la dimostrazione di un’avvenuta simbiosi tra spazio reale e spazio virtuale. Cosa c’è oltre quel buco nero? Di certo non lo spazio dominato e ordinabile del Rinascimento, ma troveremo forse una dimensione vivibile. Sotto quali leggi e con quali modalità?
Spazio reale e spazio virtuale, altre dimensioni, buchi neri. Potrebbe sembrare la trama di un nuovo videogioco. E forse sarebbe l’unico modo per far conoscere alle nuove generazioni, e a quelle vecchie che si sono immedesimate troppo nel futuro, l’enorme importanza dei cambiamenti che l’arte ha contribuito ad apportare alla società.
Di sicuro chi ha creduto di saper fare di meglio dovrebbe pensare che le rivoluzioni culturali hanno portato la libertà di pensiero, e che se Fontana non avesse penetrato con i suoi tagli la realtà infrangendo così un tabù, questo sedicente ragazzino non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di esprimere la sua opinione.

Anita Ballabio

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