lunedì 17 maggio 2010

Il padre dell'Italo Western



I primi anni 60 non sono per il cinema italiano ricchi di successo. I film sono poco originali e vengono scartati di fronte alle piccole commedie tipiche di quegli anni.
E’ il 1964 quando esce un film girato in Spagna che ottiene un incredibile successo e incassa ben tre miliardi di lire: Per un pugno di dollari.
La trama è molto semplice:un invincibile e misterioso cowboy arriva in un paese sconosciuto al confine messicano, caccia un gruppo di banditi che terrorizzano la zona..e si dilegua senza lasciare di lui nemmeno un nome.
Il regista è figlio di Vincenzo Leone, un personaggio di rilievo nel campo del cinema muto che fu conosciuto come Roberto Roberti. Infatti il figlio utilizza lo pseudonimo di Bob Robertson (ovvero “figlio di Robert”), e solo dopo il grande successo rivela di essere effettivamente Sergio Leone.
Una volta saputo che dietro a quel particolare film si celava un regista italiano,il genere venne chiamato italo - western, o spaghetti-western.
I film di Leone sono caratterizzati da primissimi piani, campi lunghissimi, accelerazioni e rallentamenti della narrazione, lunghissimi silenzi che hanno il compito di creare suspense e di attirare l’attenzione e la complicità del pubblico. Ognuno di questi film è una composizione che comprende emozioni e che riguarda esclusivamente il west : vengono mostrati luoghi conosciuti ma comunque simbolici e particolari.
Vi sono praterie,deserti e villaggi popolati da eroi immaginari che comunque riescono a sembrare veri e reali. Qualsiasi personaggio creato dalla genialità di Leone viene subito notato per l’aria misteriosa e per gli strani atteggiamenti che lo caratterizzano. I suoi sono personaggi quasi completamente perfetti…finché non commettono quel piccolo errore che permette alla narrazione di proseguire.
Una parte del successo di Leone è dovuta alle strabilianti composizioni di Ennio Morricone, un maestro della musica italiana. Morricone ha infatti composto quasi tutti i più grandi successi del regista e le sue colonne sonore sono ancora oggi molto amate sicuramente tra le più celebri.
Perché anche le musica ha un ruolo fondamentale nel cinema di Sergio Leone. Quasi tutto il film è accompagnato da sottofondi che si adeguano perfettamente alla scena…che essa sia tragica o violenta.
Vi sto il grande successo riscontrato Leone decide di proseguire la sua storia sempre utilizzando un cast eccezionale: un giovane e perfetto Clint Eastwood all’epoca ancora non conosciuto; Lee Van Cleef a cui si addice benissimo la parte del cattivo che sembra fatta apposta per lui e infine Gian Maria Volonté ,l’unico attore italiano, che da un aria perfettamente diabolica alla parte che interpreta.
Il secondo film,per qualche dollaro in più, è ,a livello tecnico, molto meglio del primo, la storia scorre più velocemente ed è molto più articolata.
Questo dimostra che Leone cresce con i suoi film diventando più attento ai particolari e meno incentrato sugli scontri.
La trilogia si conclude con il più grande dei successo considerato da molti critici un capolavoro ( se non per la lentezza narrativa esageratamente usata nei film di Leone).
Il buono il brutto e il cattivo è sicuramente un dei suoi film più amati. Il cast cambia in due cose : non è più compreso Gian Maria Volontè ma in compenso viene rimpiazzato da un simpaticissimo Eli Wallach nella parte del brutto.
Eastwood è il buono e naturalmente Cleef interpreta la parte del cattivo.
Il finale ironico e divertente è la conclusione ideale per una trilogia di successi.

Chiara Hammoud

Siddharta di Herman Hesse



"Nell'ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume presso le barche, nell'ombra del bosco di Sal, all'ombra del fico crebbe Siddharta il bel figlio del bramino". Inizia così Siddharta. Siamo in India, nel V°secolo a.C, in una terra pittoresca popolata da bramini, fachiri, monaci e commercianti tutti intenti a vivere la loro vita. Spendiamo due parole sulla dottrina induista delle caste per maggiore chiarezza: tutto il creato è opera di Brahma, i bramini (cioè i sacerdoti del culto) vengono generati dalla sua testa e sono dunque la classe più importante e riverita, i principi e i guerrieri escono dalle braccia, il ventre genera i contadini e i commercianti e dai piedi escono gli umili manovali; infine c'è la classe dei Paria (o intoccabili) che non sono niente, non hanno nemmeno diritto di esistere e non possono essere toccati, pena la perdita dell'appartenenza alla propria casta. Vivendo degnamente la propria vita ci si reincarnerà in una casta più alta via via fino ad ottenere il nirvana cioè l'uscita dal circolo vizioso delle rinascite. La vita da origine al desiderio e il desiderio da origine al dolore.

Siddharta in cerca dell'illuminazione abbandona "la casa del padre" assieme all'amico Govinda. Nel bosco incontrerà i "samana": degli individui capaci di privarsi di tutto: dai vestiti, al cibo, alla propria integrità fisica. Con essi sperimenterà sulla propria pelle la povertà totale (come San Franceso - figura amata da Hesse - anche i samana non possiedono nemmeno gli stracci che hanno addosso), digiuni prolungati e mortificazioni del corpo fino ad imparare le tre cose per lui più importanti: digiunare, pensare, aspettare. Dopo aver imparato tutto il possibile dai samana abbandona la setta ed entra nel mondo. Conosce il Buddha (Gotama) ma non si unisce ai suoi monaci e quì si separa dall'amico Govinda. In città incontra il mercante Kamaswami e "la bella Kamala". quì conosce la "sete di vita" (samsara). Tra perdizione e spirito di ascesi sarà ancora arduo il suo cammino. Esperienza dopo esperienza Siddharta aggiungerà, tassello su tassello, pezzi importanti nel suo mosaico dell'illuminazione.

Siddharta, probabilmente l'opera più universalmente nota di Hesse, nasce dallo studio dello scrittore su gli aspetti e sulla vita dell'India ricavati dai testi indiani (Veda e Upanishad la cui lettura Schopenhauer definì l'unica consolazione avuta nella vita) portati in Germania dal nonno che fu missionario nella pensiola (tradusse la Bibbia in un paio di idiomi locali) e trasmise la propria passione al nipote che sfortunatamente non riuscì ad approdare in India durante un viaggio e si fermò su un isola vicina bloccato dalla malattia tipica dei viaggiatori che bevono quelle acque: la dissenteria.
Davanti a opere così grandi eppure così semplici al recensore si pongono degli interrogativi.
A raccontare la trama si toglie al lettore il piacere della scoperta e si tende a banalizzare l'opera; a parlarne troppo poco non si riesce a raccontare l'incanto e le mille sfaccettature; a ragionarci su troppo si toglie la genuinità del prodotto artistico, suo punto di forza.
Tranquilli, il libro è più facile a leggersi che a recensirsi: narra di un uomo alla ricerca della felicità.
Tutta la produzione di Hesse si basa sul confronto dualistico di due parti: due personaggi rappresentano la propria "fazione". Solo con la fusione dei due aspetti si ottiene la completezza e non con lo scontro (pensiamo al simbolo Yin e Yang dove le due parti si compenetrano formando la perfezione oppure al video degli Aerosmith e Run Dmc "Walk this way" dove i due gruppi suonando si infastidivano reciprocamente fino a capire sul finale che uno migliorava l'altro).

Siddharta è un libro che difficilmente si può mettere via sentondosi uguali a prima, viene venduto dal 1922 e continua ancora oggi a essere uno tra i libri più letti (e regalati). Forse perchè quì i suoi lettori trovano qualcosa che evidentemente non trovano da altri parti.

Giuliano Frontini

Intervista ai Como Lake Rovers



Siete addirittura in otto! Quando vi siate incontrati e soprattutto chi è il "fondatore" del gruppo?
si è vero siamo in tanti..ma per ottenere il suono ke vogliamo è necessaria la presenza di vari strumenti,sia melodici (per dare l'accompagnamento e l'impronta folk)sia elettrici(per avere l'impatto e l'aggressività del punk)..i fondatori sono il cantante e chitarrista acustico Max e il bassista Chris,che hanno iniziato a suonare assieme 4 anni fa in un gruppo streetpunk "La Ciurmaglia" per poi creare per gioco le "Animeperse" (gruppo folk acustico) e dall'unione di queste due realtà sono nati gli attuali ComoLakeRoverS nel giugno 2007.
Come vi è venuto in mente di comporre questa musica molto originale che è un insieme di più generi?
Siete stati ispirati da qualcuno o da qualcosa o è tutta opera vostra?
Partendo dal fatto che ormai inventare nuovi generi musicali secondo noi è molto difficile,una delle poche possibilità è mescolare generi anche all'apparenza contrastanti tra loro.Noi prendiamo spunto da gruppi come FLOGGING MOLLY,DROPKICK MURPHIS, o ai più melodici dubliners,POGUES e modena city ramblers,oltre che dalla tradizione e cultura della nostra terra e dalla magia di terre lontane come l'Irlanda,il nostro genere è soltanto l'unione di due cose già esistenti,ma che se mescolate bene hanno la capacità di unire persone di ogni età e stili diversi di vita,basti pensare alle canzoni presenti nel nostro disco"Friday Night!!"che svariano da ballate folk come 1959 sino a pezzi folk punk come bira bira o la stessa friday night.
Osservando in generale la musica di questi tempi,ci sono artisti o band che prendete d'esempio o che ammirate?
Come già dicevamo prima si,ci sono gruppi a cui ci ispiriamo(e già non solo alla birra!!) e sono veramente tanti e di ogni tipologia musicale,dal momento che ognuno di noi ascolta generi diversi,anche se quello che ci accomuna tutti è il folk,per parlare di band locali ammiriamo molto "Davide van de sfroos" e gli svizzeri "Vad vuc",soprattutto ci piace ascoltare gruppi emergenti e in particolare,quando ci è possibile,sostenerli nei live essendo presenti tra il pubblico.
Il vostro nome di banda è "Como lake rovers",vi esibite solo in provincia di Como,o siete andati oltre?
Per dire la verità il nome reale sarebbe "lake rovers" (viandanti del lago) ma poi per qualche birra di troppo abbiamo aggiunto a pennarello la scritta como,ci è piaciuto il nuovo nome e l'abbiamo tenuto..fa ridere ma è la verità.Suoniamo ovunque ci chiamino per fare festa e casino! Como è solo il punto di partenza di una storia e un avventura che speriamo sia lunga.
Come bisogna essere e che tipo di musica bisogna amare per poter ascoltare di buon gusto la vostra musica?
Non c'è alcun requisito per essere fan dei CLR,ci accorgiamo sempre di più che sotto il palco si presentano persone di ogni genere ed età,e ciò che ci fa piacere è che riceviamo complimenti da giovani e meno giovani che,a fine concerto ci salutano con il sorriso sulle labbra,questo è gran parte di ciò che vogliamo dalla musica,cioè sentirci gratificati dal contatto con il pubblico ma sopratutto dal divertimento di quest'ultimo,cercando di suonare sempre più professionalmente ma senza mai dimenticare la grinta e come siamo nati musicalmente.
Pensate di rimanere insieme per molto tempo? Avete progetti insieme per il futuro?
Da quando il gruppo esiste abbiamo cambiato alcuni elementi,non per litigi o cose simili ma solamente perchè per suonare con noi è richiesta in maggioranza una dote,l'impegno; poichè tutti noi ci impegnamo ogni giorno per la buona riuscita di concerti,prove ect..e anche dell'organizzazione interna del gruppo quindi siti,merchandising etc etc..tutto questo ci occupa parecchio tempo e non tutti hanno la voglia di stare dietro ad un impegno tale,perciò preferiamo suonare con chi è convinto come noi.I nostri progetti per il futuro sono chiaramente di continuare a creare canzoni e dischi,parlando di qualsiasi tematica,e di arrivare ad un traguardo il più in alto possibile,come la strada della vita che vogliamo percorrere tutta magari insieme.
Quando non "lavorate" e non suonate,passate del tempo insieme? Che cosa vi piace fare?
Non ci dimentichiamo di ciò che siamo da sempre,prima di un gruppo musicale siamo un gruppo di amici,e quando possibile ci prendiamo dei week-end da trascorrere in giro divertendoci,ma soprattutto quasi ogni sera ci vediamo per la classica birra della buonanotte e per due cazzate insieme,senza tutto questo penso che non avremmo ragione di esistere,sarebbe un gruppo troppo freddo e umanamente distaccato tra i membri, dato che per potere raggiungere dei traguardi insieme,ci si bisogna conoscere ed aiutare e non solo musicalmente,per poter anche continuare a crescere nelle nostre esperienze di vita.

Sagia Hammoud

Aspettando Godot di Samuel Beckett



“Non accade nulla, nessuno arriva, nessuno se ne va, è terribile!”
Didi e Gogo (rispettivamente Vladimiro ed Estragone) aspettano il Signor Godot. Fondamentalmente la trama di questa geniale opera teatrale di Samuel Beckett (1906 – 1989), composta nel 1952, si può riassumere in quella misera frase. Ma partiamo dall'inizio: chi è questo Signor Godot? Qualcuno l'ha mai visto né sentito? Didi e Gogo, due vagabondi, non hanno mai visto né sentito il Signor Godot eppure lo aspettano. Lo aspettano incessantemente ogni giorno in una desolata stradina di campagna con un solo misero albero. Ed è in questo paesaggio vuoto che i due barboni si tengono compagnia facendo chiacchiere assolutamente prive di senso: si lamentano della fame, chiacchierano sul tempo (in scena rappresentato unicamente dalla caduta delle foglie dell'albero che indica il passare dei giorni), a volte litigano e minacciano di suicidarsi. Ma ormai la dipendenza tra i due è tale da accantonare l'idea del suicidio e di stare sempre insieme, legati da un unico scopo: aspettare Godot.
Un nuovo personaggio si vede in scena a volte: un ragazzo che, mandato dallo stesso Godot, ripete loro la stessa cosa.. “oggi non verrà, ma che verrà domani”: Didi e Gogo aspettano.
Ad un certo punto arrivano anche altri due personaggi: Pozzo e Lucky. Il primo, che si definisce il proprietario della terra dove i due vagabondi stanno, è un uomo meschino e crudele: tiene al guinzaglio Lucky, il suo servo, trattandolo come una bestia. Qua Beckett ha volutamente rappresentato Pozzo come il capitalista e Lucky come il proletario: legati da questa lunga corda, l'autore ha voluto sottolineare l'indispensabilità dell'uno per l'altro e viceversa. Usciti anche questi due personaggi di scena e avendo ancora incontrato il messaggero, Didi e Gogo rimangono ancora lì fermi ad aspettare Godot.
Beckett, con questa fantastica opera, ha descritto precisamente la sua visione della vita umana: senza senso. I discorsi sulla fame, i litigi, le varie osservazioni dei due vagabondi sulla loro esistenza sono totalemente nonsense. Che scopo ha aspettare Godot? Chi ha mai visto Godot? Perchè lo aspettano? Nessuno lo sa, men che meno i due co - protagonisti della storia. La loro squallida esistenza li porta a farsi compagnia l'un l'altro, vicino a questo grande albero dove le foglie cambiano sempre colore. Pur essendo infelici di aspettare un uomo mai visto prima, nessuno dei due se ne va.. ormai il loro unico scopo, ironicamente parlando visto che di scopi non ne hanno, è stare lì ad aspettare.
La cosa forse più assurda dell'opera è che il protagonista è assente. Nessun Signor Godot sulla scena, niente. Solo un messaggero che porta il suo messaggio, nulla di più. A Beckett non importa se l'Uomo appartiene a qualche classe sociale o economica particolare: la miseria dei due vagabondi è comune a tutti. Nessuno ha scopi nella vita, ci limitiamo a chiacchiere ed incontri inutili. “Aspettando Godot” si può definire pietra miliare del teatro del Novecento: grazie al linguaggio teatrale quasi messo in ridicolo, un mix di generi (tra cui comico, tragedia, commedia, gag), le lunghe pause, i silenzi e il ritmo assolutamente piatto, Beckett ha distrutto e ricreato il teatro.
Il mio consiglio spassionato è di leggere questa fantastica opera. E già che ci sono, chiedo scusa ai lettori: recensire “Aspettando Godot” forse è la cosa più ardua, a mio avviso, che ci sia in ambito teatrale. Si rischia di cadere nel banale e, peggio ancora, di non far suscitare al lettore nessuna curiosità. Bhè, vi assicuro che, al contrario della mia recensione, nulla è banale nell'opera. Una cruda, ironica e realistica visione della vita, tutto qua.
Concludo con la più celebre, forse, delle recensioni di “Aspettando Godot” di Vivian Mercier nel 1955: “Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte." .

Chiara Moncini

Onda verde. Perchè vince la Lega Nord



Nelle ultime elezioni regionali l’affermazione più netta è stata della Lega Nord, che ha raddoppiato i consensi rispetto alle regionali del 2005. E’ anche grazie alla Lega che oggi il centrodestra governa 42 milioni di italiani. E’ un’Italia a trazione locale, rivoluzionata, che si tinge di verde. L’asse Torino-Milano-Venezia ha il 40 per cento del Pil. La geografia politica dell’Italia è cambiata. Nel Nord, Bossi ha sconfitto e ha fatto sparire la sinistra. Ecco in sintesi i dati del Carroccio nelle regioni del centro-nord: Piemonte 15,1%; Lombardia 26,7%; Veneto 36,3%; Liguria 10,5%; Emilia Romagna 13,6%; Toscana 6,7%; Umbria 4,5%; Marche 6,9%.
In Veneto ha trionfato il ministro Zaia, primo governatore leghista di una regione che ha quasi 5 milioni di abitanti e il 10 per cento di Pil. Qui la Lega è il primo partito. Qui l’onda leghista si fa tsunami: il Carroccio guida la coalizione oltre la soglia del 60 per cento, doppiando il centrosinistra di Bortolussi. La Lega in Veneto è come la Dc dei vecchi tempi.
Il capolavoro della Lega è però la vittoria in Piemonte, che vanta 4,5 milioni di abitanti e l’8 per cento del Pil. Quella di Cota è stata una vittoria storica e al fotofinish: ha battuto la Bresso per 10mila voti.
In Lombardia la Lega si è avvicinata, per numero di suffragi, al Pdl – solo cinque punti percentuali di differenza. Già sono partiti i primi vertici sulla nuova giunta. La Lega è interessata ad Attività Produttive, Lavoro e Pmi. Cadono le province “rosse”: a Cremona, Mantova e Lodi la Lega supera il 20 per cento. Nelle altre province supera il 30 per cento, a Sondrio supera il 40 per cento. Ora il vicepresidente “in pectore” della regione lombarda è il leghista Andrea Gibelli.
Quali sono i motivi di una tale ondata verde?
La Lega ha saputo rottamare consolidate tradizioni e mandato all’aria antichi sistemi di potere. E’ la voglia di nuovo, la fine della classe dirigente uscente.
Poi vi è la voglia riformatrice: per Bossi la sinistra perde perché non vuole fare le riforme.
Infine vi è l’astensionismo: otto punti in meno rispetto alle regionali del 2005. Tradizionalmente ciò ha sempre aiutato la sinistra e punito i moderati. Stavolta è stata punita la sinistra (specie Pd e comunisti). Questo astensionismo ha una doppia ragione: meteorologica e politica. Il bel tempo ha convinto molti ad andarsene in vacanza. La motivazione politica è che non ha fatto bene la vicenda delle liste: la gente pensa che i politici di destra e sinistra fanno quello che vogliono e si disamorano della politica. I leghisti non si sono astenuti perché non sono vacanzieri, e perché la Lega non è di destra né di sinistra.
Esaminiamo il Piemonte. Qui perde un centrosinistra diviso e acciaccato, guidato dalla governatrice uscente Bresso. La spallata alla Bresso l’hanno data le critiche documentate che Cota ha mosso alla giunta uscente. In particolare la divergenza di vedute sulla Sanità. Cota e il Pdl hanno contestato alla Bresso il buco dei conti pubblici del settore, lievitati di 2,1 miliardi di euro in cinque anni. Cota vuole una Sanità più privata, opposta al modello pubblico che stava a cuore alla presidente. Il motore della Bresso si è fermato anche a causa delle sue posizioni su aborto, coppie gay ed eutanasia (già nel 2005 sperimentò la pillola abortiva Ru486 all’Ospedale Sant’Anna di Torino).
Esaminiamo ora il Veneto. Qui Zaia, come Cota, ha premuto sul federalismo, visto da Zaia come autonomia negoziata con lo Stato centrale, come in Catalogna o in Baviera. Zaia lamenta il fatto che il Veneto tassa i suoi cittadini ottenendo fino a 12 miliardi di euro, che vanno perlopiù nelle casse di Roma. Per Zaia bisogna dunque cambiare rotta, e i veneti sono con lui.
Esaminiamo infine la nostra regione, la Lombardia. Anche qui la Lega ha avuto successo perché punta a una rapida attuazione del federalismo, di alleggerimento del peso burocratico e fiscale, di maggior attenzione per il mondo delle piccole imprese, di più rapido sviluppo delle infrastrutture, di severo governo dell’immigrazione. In sintesi di maggior attenzione per i problemi della Regione.
Il vero motivo, però, di questa onda verde, è che la Lega Nord è l’unico partito – il più vecchio d’Italia, entrò in Parlamento nel 1987 – che ogni giorno va in mezzo alla gente del centro-nord, ascolta bisogni e proposte dei lavoratori e dei pensionati, li fa propri nel programma elettorale, e poi li attua preferendo la sostanza alla tattica politica.

Claudio Castelli

Primi giri in MotoGP



E' il primo appuntamento, tanto atteso, è il motomondiale! La novita è l'esordio della moto2 che sostituisce la categoria 250, ma per gli appassionati l più attesa e' sempre la motogp , la classe regina, che ha fatto entusiasmare milioni di tifosi.
Il punto di riferimento, da dieci anni a questa parte, è sempre Valentino Rossi che non ha deluso offrendo una prestazione emozionente, conclusa al primo posto! Anche perchè Casey Stoner, l'unico in grado di batterlo, si e' autoeliminato cadendo al 5 giro!
Una gara superba che ha visto protagonisti molti piloti.. Daniel Pedrosa partito a fionda ma poi calato, ssurclassato dal suo compagno Andrea Dovizioso, che ha agguantato il 3° posto sul podio, superando in extremis Niky Haiden sul rettilineo del traguardo! Anche lo statunitense della Ducati ha fatto un'ottima gara combattutissima fino all'ultimo! Stupefacente Jorge lorenzo: partito non troppo bene, ha sbalordito tutti negli ultimi giri, passando dall'ottava posizione al secondo posto e conquistando così l'ennesimo podio nel Gran Premio del Qatar, ancora una volta alle spalle del compagno-rivale, Valentino Rossi.
Ben Spies, molto combattivo e in ottima sintonia con la moto, ha fatto capire che lui è un pilota "vero" che si farà notare prestissimo tra i fantastici 4e che il podio non è lontano.

Anna Simone

Zaha Hadid: progettare l'improgettabile




Anni addietro, quando si pensava a un architetto, ci si immaginava una persona triste, un colletto bianco nel suo studio, seduto al suo tavolo da lavoro a realizzare disegni incomprensibili ai più.
Ora invece, è sempre più difficile distinguere i contorni di questa professione e semmai è nata una nuova figura, quella dell'eclettico, che tanto affascina e spinge i giovani a intraprendere questo tipo di strada, sbattendo contro tante porte chiuse e facendo i conti con la propria determinazione.
Se pensiamo a Zaha Hadid, noi pensiamo a questo. Alla forza di volontà e alla tenacia che hanno sfidato un mondo elitario e prettamente maschio, uno stato in bilico tra occidente e oriente, tra apertura e conservatorismo e lo scetticismo della società contemporanea e paradossalmente è più interessante ricordarsi di questo architetto per la sua biografia e per i progetti che non sono mai stati realizzati piuttosto che per i suoi effettivi successi.
Zaha Hadid nasce a Baghdad nel 1950, figlia di un politico, agronomo e industriale, cofondatore del Partito Nazionale Democratico, ambiziosa quanto il padre; vive in in un Iraq molto diverso da quello odierno, incredibilmente molto più liberale e proiettato all'occidente, ma chiuso rispetto al ruolo della donna nella società. La Hadid sfida questo tabù. Studia tra Baghdad e la Svizzera e si laurea in matematica all' American University nella capitale iraqena, iscrivendosi poi all'ordine degli architetti a Londra, nel 1972.
E' proprio qui che incontra l'ambiente fertile per sviluppare il suo talento influenzato da Liebeskind, Alsop e dal suo maestro, Rem Koolhaas, che la inviterà a lavorare in pianta stabile con lui, ma che lei rifiuterà per via del suo forte e indipendente carattere (Rem la definì "un pianeta nella sua orbita") e per permettersi di sviluppare il proprio modus operandi e la propria idea di architettura, una sorta di modernismo barocco in cui gli spazi sono fluidi e geometricamente frammentati, che parlano da soli.
Fa quasi sorridere se pensiamo che la critica ha sempre osannato questo architetto come uno dei più visionari e avanguardisti, mentre il pubblico ha sempre definito i suoi lavori sconcertanti.
E ci stupiamo ancora di più se pensiamo che i progetti realizzati riguardano uno ski jump a Innsbruck, il Rosenthal Center for Contemporary Art in Cincinnati, Ohio i cui committenti non erano esattamente aperti all'innovazione.
Eppure proprio il Rosenthal Center confuterà la tesi secondo cui le architetture di Zaha non sono edificabili e le consentirà di ottenere prestigiose altre commissioni, con la possibilità si sviluppare in totale libertà il suo talento e venendo consacrata come uno dei più stupefacenti e interessanti architetti del secolo.
Chissà se alla sua morte (speriamo il più in là possibile) ci sarà qualcuno che sarà in grado di portare avanti questa filosofia progettuale, questa tenacia e forza (supportate da un talento fuori dal comune) e deciderà di "ballare da sola", farsi da sè e cambiare il mondo dell'architettura?
Stiamo a vedere. In fondo a luglio si aprono le sessioni di laurea al Politecnico.

Deniz Santoro

lunedì 12 aprile 2010

Generatore di articoli di Libero

http://www.7yearwinter.com/2006/04/il-generatore-di-articoli-di-libero/ consiglio questo sito per generare un articolo nel modo migliore possibile.
Andrea Cazzato

lunedì 15 marzo 2010

La radio: intervista a Marialuisa "Luly" Rovetta



Con l’intervista a Marialuisa “Luly” Rovetta, conduttrice del programma radiofonico “Penelope Farmer”, in onda su Radio Onda D’Urto, inizia un ciclo di interviste a personaggi legati al mondo della cultura. Ci è sembrato interessante partire da questa giovanissima conduttrice radiofonica, affascinati dal linguaggio radiofonico, sicuramente differente dalle attuali forme di comunicazione più note.

Perchè Penelope Farmer?


Penelope Farmer, o meglio, Penelope Jane Farmer, è una scrittrice inglese, principalmente per bambini. Uno dei suoi libri, pubblicato nel 1969, si intitola Charlotte Sometimes ed ha ispirato il singolo omonimo della mia band preferita, i Cure. Volevo un nome che mi tenesse legata a questa band che tanto amo, ma che non fosse un riferimento troppo esplicito. Qualcosa che mi unisse ai fan dei Cure, perché solo i veri appassionati della band sanno chi è Penelope Farmer.

Per una generazione che ha, fra le massime aspirazioni, quella di essere veejay, cosa vuol dire fare una scelta "controcorrente" come la tua, cioè di lavorare in radio?

In verità voglio dimostrare che "La stella della radio è stata uccisa", come cantano i Buggles, è una balla. In verità è ancora viva. Sono pienamente consapevole che siamo in un mondo in cui ormai l'apparire è l'unica cosa che importa, il punto è che non importa a me o almeno, non è tra le mie priorità e non credo di essere l'unica. In particolar modo quando si parla di musica. La musica è l'arte del suono, ora, sapete tutti da che cosa è fatto il suono e lo percepiamo con le orecchie non con gli occhi. Mi capita spesso di vedere delle performance musicali in cui il cantante è costretto a ballare e a dimenarsi sul palco come un dannato cercando di ricordarsi passi e parole contemporaneamente (sperano che non sia in playback), tutto questo credo che sia fuorviante, ti fissi su cosa stia cercando di fare quel poveretto e non ti godi la musica, ciò che in quel dato momento dovrebbe essere la protagonista. La stessa cosa per i video musicali, anche se sono la prima ad apprezzare certi capolavori, come i video dei Depeche Mode curati da Anton Corbijn, però appunto apprezzi il video che come una modella sà portare perfettamente il suo abito, la musica, oppure ci sono i video che salvano le canzoni… belle modelle che grazie ad un bel fisico riescono a rendere un sacchetto dello sporco un abito decente. Quindi ritengo che la radio sia ancora il mezzo per eccellenza per la divulgazione della musica. Non mi interessa apparire, mi interessa condividere una passione. Con tutto il rispetto per i Veejay, io preferisco lavorare in radio.

Quale consideri il ruolo della radio nell'era mediatica della tv e di internet?

Non ha modificato il suo ruolo poichè la radio è insostituibile, pensa a quando sei in auto!!! Anzi si è coniugata con le nuove tecnologie, tipo streaming, senza perdere il suo fascino...

Quali sono le tematiche principali affrontate nel tuo programma?

Penelope Farmer nasce con la voglia di condividere, far conoscere e divulgare la passione per la New Wave, movimento culturale, artistico e musicale che nacque tra la fine degli anni settanta e i primi anni anni ottanta del XX secolo. Ogni puntata parla di una o più band che è stata partecipe di questo movimento; gli esordi, i successi, gli aneddoti e anche le collaborazioni. Presto finirò anche il sito internet dove caricherò anche i Podcast dato che molte persone spesso non riescono ad ascoltarmi tutti i Martedì (dalle 15.15 alle 16.00) che per alcuni come i miei colleghi universitari è un orario un po' infame.

Nel panorama musicale attuale, quale gruppo o cantante reputi più talentuoso? E quale invece reputi possa avere maggiore successo?


Prossima domanda? ahaha no dai scherzo…mmm... è molto difficile rispondere. Comprendo l'oggettiva difficoltà nel proporre cose nuove, ma anche prendendo spunto da generi passati si può essere innovativi e avere successo senza "sputtanarsi"…perdonatemi il termine.
Mi vengono in mente quindi Editors, White Lies, Interpol ecc.. che proponendo materiale di qualità, con chiari riferimenti al genere che tratto, hanno avuto successo tra pubblico e critica.
Cosa diversa per il mercato italiano che come al solito prende le tendenze dall'estero e le ripropone alla buona, come l'indie che ha prodotto solo micronicchie che fanno musica indirizzata solo ad un bacino ristretto di persone e che ruota intorno a se stesso.
Una volta le band avevano come obiettivo il passaggio ad etichette maggiori per poter far sentire la propria voce... Bluvertigo, Timoria, Subsonica, Afterhours.. che sono gli ultimi nomi importanti usciti e si parla ormai di 15 anni fa. Adesso le band sono affermate se suonano in 15 localini davanti alle solite 100 persone.. e se fanno successo sono venduti..è un concetto che fa del male alla musica di qualità, ma fa bene alle tasche di chi controlla questo fenomeno che ha raggiunto livelli di provincialismo estremo. Band famose nella tua città che a 50 km non sanno nemmeno chi siano!!! Indicarti dei nomi nuovi è difficile…soprattutto per quanto riguarda l'Italia.


Ultima domanda: quali sono i tuoi personali progetti per il futuro? Continuerai a lavorare in radio o si prevede un "illuminante" carriera da designer?

Progetti per il futuro tanti, ogni giorno me ne invento una. L'ultima? Organizzare serate in un locale vicino a Brescia Aerosol-Lab, a Villanuova sul Clisi, cercando di portare anche band extra-bresciane e proponendomi come Dj, o meglio, selezionatrice di musica ( sono sincera il dj è un'altra cosa). Il mio debutto è stato recente, sabato 6 marzo. Per il resto spero di finire gli studi a breve e conciliare quello che ho studiato con la musica.
Hai centrato in pieno un concetto del mio futuro … illuminante, ho deciso da poco di specializzarmi in Lighting Design in particolar modo per lo show; l'unione tra la percezione visiva e la percezione uditiva per creare emozioni e sensazioni… adoro il pensiero di poter comandare i sensi degli altri.

Andrea Cazzato

Morgan o i moralisti?



«La droga? Apre i sensi a chi li ha già sviluppati, e li chiude agli altri. Io non uso la cocaina per lo sballo, a me lo sballo non interessa. La uso come antidepressivo…» queste sono le parole rilasciate da Morgan in un’ intervista a Max. Queste parole del cantautore e musicista italiano hanno immediatamente provocato uno choc generale e hanno agitato la Rai che è intervenuta decidendo di escluderlo dal Festival di Sanremo al quale si voleva presentarsi con “La sera”. Su questo punto sono poi nate opinioni divergenti: molti cercano di difendere Morgan dicendo che l’intelligenza e le abilità del cantante non vanno trascurate ed è quindi necessario permetterli di debuttare al festival . Essi sono del parere che secondo la società odierna bisogna dare solidarietà a Morgan in quanto “vittima sconosciuta del proibizionismo”. La loro ideologia è che bisogna sostenere le persone come quest’ultimo,che vivono un “incubo” a causa della depressione,della solitudine e,soprattutto,del terrore di essere giudicate. Sostengono che Morgan sia stato semplicemente frainteso dal giornalista,come egli stesso ha detto,ed è quindi poco affidabile credere alle parole riportate sulla rivista Max. Altri invece sono del parere che Morgan abbia potuto influenzare un pubblico giovanile, pendente dalle sue labbra, con parole diseducative espresse pubblicamente e con molta indifferenza. Secondo il loro parere, egli non è stato ipocrita ma certamente immaturo sia nell’uso delle sostanze tossiche in questione sia nella pubblica dichiarazione avvenuta di fronte a migliaia di italiani tra cui la maggior parte appartenente alla fascia di età adolescenziale. Intanto Morgan si è espresso: dice di essere mortificato per quanto accaduto. Ma molti ancora si domandano: quanto si può credere a ciò che si è detto? Quanto sono vere le parole del cantante? La tv è ipocrita oppure è lo stesso Morgan a volersi pubblicizzare e a voler attirare l’attenzione e la compassione della gente?

Chiara Hammoud

Tragedia ai Giochi Olimpici invernali di Vancouver



Per raccontare un evento cosi triste , le parole non sono mai facili. Nodar Kumaritashvili, 22 anni,
mentre stava effettuando la sua sessione di prove per difendere i colori del suo paese, la Georgia, ha perso il controllo dello slittino e in una curva definita non pericolosa, è stato sbalzato via dal suo slittino, andando a sbattere in pieno contro un palo di metallo a bordo pista, mentre scendeva ad una velocità di 144.3 km/h.!
Nodar, era nato il 25 novembre 1988 a Borijomi - una cittadina di montagna della Georgia del sud, con una popolazione di meno di 50.000 abitanti - ed era un giovane atleta molto promettente. Nel 2008/2009 aveva gareggiato nella coppa del mondo, classificandosi 55° e 44° nel 'ranking mondiale' di questo difficile sport; risultati che avevano indotto i tecnici georgiani a chiamarlo a rappresentare il suo paese ai giochi olimpici invernali a Vancouver.
Il trasposrto immediato all'ospedale non è stato sufficiente per salvare la vita al giovane: la sua morte trovava conferma circa un'ora e mezza dopo da parte di un rappresentante del "Cio"(acronimo del francese Comitè Internationel Olympique).
La pista in questione - costata più di 100 milioni di dollari e realizzata per queste Olimpiadi - ha una verticale di 152 metri che la rende la pista più ripida e veloce, tanto che gli atleti l'hanno soprannominata "tromba dell'ascensore".
In un clima di dolore e sconforto, non solo per la delegazione georgiana ma per tutti, il capo della delegazione georgiana , Japaridze , ha dichiarato :"non sappiamo cosa fare, siamo tutti sotto shock, non sappiamo se partecipare alla cerimonia inaugurale oppure lasciare i giochi. Non so come sia morto ma posso dirvi questo: la pista era veramente terribile“.
«Sarai orgoglioso di me, papà, aspetta e vedrai!», aveva detto Nodar al padre David Kumaritashvili nell' ultima telefonata prima dell' incidente mortale durante le prove di slittino. Mentre lo ricorda, David fatica a trattenere le lacrime.
Il corpo del 22enne Nodar è arrivato ieri, 18 febbraio, a Bakuriani in macchina dalla capitale Tbilisi, distante circa 200 chilometri, accolto da un migliaio di persone. «Perché vivo io e non te, figlio mio», sono le uniche parole della madre Dodo che non riesce a smettere di piangere.
L' arcivescovo Serapime ha annunciato che il funerale si terrà sabato. La municipalità ha deciso di intitolare una via a Nodar Kumaritashvili e una delegazione del governo georgiano ha annunciato che sarà costruita una pista di slittino a Bakuriani e sarà intitolata a Nodar.

Anna Simone

Il "fenomeno" Vendola



Il 15 ottobre 2009, a Bologna, Nicola Vendola ricevette il Premio Comunicazione Pubblica nell’ambito di ‘COM. LAB. 2009’, iniziativa promossa dall’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale. La motivazione fu che Vendola, innovando lo stile e gli strumenti della comunicazione politica, ne ha favorito lo sviluppo nel Paese e nelle Istituzioni, riportando al centro della politica universi valoriali e alternative possibili, e coniugando prospettive e risposte quotidiane, con iniziative pionieristiche per promuovere lo sviluppo.
Vendola ha fatto creare – da uno studio pugliese formato da pochi designer e progettisti unitisi nel gruppo ‘Artisti per Nichi’ – manifesti innovativi per le sue campagne elettorali. Usa un sistema di icone, che sintetizzano i concetti chiave. Famosa l’immagine fotografica di Vendola in un ritratto composto dalle icone delle sue politiche. Così Vendola stravolge l’usuale stereotipo delle campagne politiche. Lo studio pugliese, che cura non solo le immagini ma anche testi e contenuti, fa tesoro delle innovazioni comunicative di Obama, e le reinterpreta in chiave locale. Punta alla semplicità e all’immediatezza dei codici linguistici condivisi, come lo sono le icone, permettendo così la comprensione del messaggio a una fascia di utenti maggiore.
I partiti politici italiani non hanno questa comunicazione innovativa. Si muovono su schemi vecchi, ignorano i social network, e non hanno cura della propria immagine pubblica. Vendola invece ha voluto manifesti che lo portassero – come ha detto lui – ‘fuori dalla terza internazionale’. Il design nella comunicazione politica è una pratica poco diffusa in Italia; da sempre in Italia le Agenzie Pubblicitarie hanno un orientamento al mercato basato sulla quantità e non sulla qualità. Vendola e il suo studio seguono dunque il modello Obama, i social network, la semplificazione, e lo studio delle gerarchie delle informazioni. Così Vendola sta cambiando il modo di fare la comunicazione politica in Italia.
Questo è un primo elemento che caratterizza la comunicazione di Vendola: l’uso moderno e attuale del conflitto e della provocazione culturale nelle campagne pubblicitarie – manifesti e spot, affidandosi a professionisti del settore che usano un linguaggio giovanile spregiudicato e brillante – famoso lo slogan ‘Sono estremista nell’amore per la Puglia’. Vendola ha costruito un sito internet capace di proporsi come nodo comunicativo indispensabile per il raccordo tra i diversi comitati nati per sostenerlo. In definitiva si può dire che Vendola tiene in gran conto l’appoggio dei media, e sa avvantaggiarsene meglio di altri.
Un secondo elemento è il linguaggio proprio di Vendola: nella sua retorica insistono tre diverse tradizioni che riesce a far convivere: la tradizione comunista popolare – che riprende Di Vittorio e Berlinguer nelle questioni morali; la tradizione della passione civile e libertaria – ricorda gli ‘Scritti corsari’ di Pasolini; la tradizione ecumenico-spirituale – di ambito cattolico e con suggestioni gandhiane. Questi tre atteggiamenti creano quella che Vendola chiama ‘rivoluzione gentile’: mantiene saldi concetti e contenuti di riforma senza aggressività e violenza.
Un terzo elemento è la capacità persuasiva riguardo alla prospettiva culturale, ad esempio il tema della precarietà: Vendola qui grida al riscatto, al cambiamento del meridione. Ed è proprio qui, in mezzo alla gente, che Vendola dà il meglio di sé.
E’, infatti, proprio dai comizi in mezzo alla gente, che sono uscite le sue frasi più famose, come: ‘…è meraviglioso avere potere per restituire diritti a chi non ne ha…’; ‘…voglio combattere anche la destra che è nella sinistra…’; ‘…al di là dei voti ci sono i volti, l’oceano dei voti ed io voglio tuffarmi in questo mare anche a costo di affogare. Ora andate e votate!’; ‘…ora che sono governatore provo dolore. Soffro perché entro nel cuore del potere. Per essere felici col potere bisogna amarlo e io sono disamorato del potere. Ho paura di sporcarmi la faccia…’.
Dal punto di vista del centrodestra però, queste frasi dimostrano solo che Vendola è un populista, che i suoi comizi sono capolavori di retorica, e che lui altro non è che un astuto imprenditore di se stesso.
Anche frange del centrosinistra – in primis D’Alema – e della sinistra radicale – in primis Ferrero – muovono critiche simili a Vendola, specie per frasi come ‘…voglio bruciare la tradizione culturale dei comunisti, per poterla superare…’.
Davvero Vendola è solo un altro astuto politico? Oppure è un raro esempio di sincerità? Forse è una via di mezzo come molti altri?
Alcuni elogiano Vendola come l’‘Obama italiano’, mentre altri lo criticano come il ‘Berlusconi rosso’. Eppure c’è chi pensa anche che Obama sia da criticare, e che Berlusconi sia da elogiare.
Questioni di punti di vista, di pensieri politici. Ciò che sappiamo in modo indiscutibile è che Vendola è un personaggio politico con una comunicazione di successo – lo dimostrano i suoi risultati politici – e quindi è scomodo a molti.
Tutto ciò fa di Vendola un vero fenomeno della politica italiana, da seguire con interesse, a prescindere da come la si pensi su di lui.

Claudio Castelli

Un giorno senza messicani. Sergio Arau, 2004



California, uno strano silenzio satura l'aria. Strade deserte, negozi vuoti, uffici e posti di lavoro senza personale.
Sono spariti i messicani, honduregni, argentini; latini in generale tutti detti impropriamente "messicani".
Nessuno raccoglie più frutta e verdura che marciscono al sole (la fetta più importante dell'economia californiana è dato dall'agricoltura, non da Hollywood) e i ristoratori si affidano alla criminalità organizzata per avere pomodori, le scuole chiudono per mancanza di personale (un terzo degli insegnanti è di origine latina), i cantieri non "lavorano" senza muratori (60% di messicani), nessuno compra più cianfrusaglie e chincagliere al supermarket che sconta tutto del 50%. Persino la polizia di frontiera non sa cosa fare al lavoro: chi gioca a carte, chi si allena, chi bada ai figli. Pure una giornalista armena scompare sentendosi messicana perche "la nostra patria è nel cuore". Cosa si fa? Magari scopriamo che ci mancano...
Questa l'agile commedia di Sergio Arau in stile reportage dove più vicende si incrociano. Qualche mese fa Vladimiro Polchi si interrogava se lo stesso problema succedesse nel Bel Paese, il divertente libro si chiama "Blacks-Out" e le conseguenze narrate sarebbero analoghe a quelle del film (Quì uno stralcio del libro di Polchi letto da Travaglio: http://fattiemisfatti.com/2010/01/27/travaglio-italia-senza-immigrati/ ).
So già a che pensate e che il mio pezzo "politacally correct" si scriverebbe da solo con una serie infinita di luoghi comuni sulla tolleranza (Rosarno, lo sciopero del 1° marzo eccetera). Ma io non la penso così. A me alcune minoranze non piacciono e nella propria stanza ognuno può odiare chi gli pare. In Italia quelli che non sopporto io sono circa tre milioni.
Prima di tutto non si capisce niente di quando parlano perchè non vogliono imparare l'italiano, sbraitano e urlano per comunicare anche a un metro di distanza dall'interlocutore riempiendolo di sputacchi e sono talmente rissosi che la sera si aggirano per strada tutti assieme in ronde, ma soprattutto rifiutano ogni forma di scambio culturale e integrazione! Magari sparissero tutti come nel film, dannati leghisti!

Giuliano Frontini

“Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll



“Nel mio mondo i libri sarebbero fatti solo di figure.” (Alice)

Riuscite ad immaginare un mondo fatto di strani animali parlanti, un Cappellaio Matto e una Lepre Marzolina che prendono amabilmente un tè, un gatto dello Cheshire chiacchierone (comunemente noto come lo Stregatto), un coniglio bianco che corre sempre (Bianconiglio in versione disneyana)? Alice, una normalissima bambina, cade in un lungo sonno fatto di un mondo sotterraneo pieno di assurdità, pazzia e cose senza senso. Il tutto inizia con la disperata ricerca del coniglio bianco: da qui in poi nulla è scontato o prevedibile. Immaginatevi un dipinto di Dalì e sarete ancora ben lontani dalla nonsense di Lewis. Alice si rimpicciolisce e, entrando in questo strano mondo, incontra i personaggi più folli che avesse mai visto. Quando lessi il libro anni fa mi identificai subito con Alice.. anzi, più precisamente desiderai tantissimo essere nei suoi panni. Chi non vorrebbe anche per solo un giorno vivere in quel mondo così colorato, con gli animali che ti rivolgono la parola e pieno di boschi incantati? In fondo tutti siamo come Alice: con una curiosità infinita per cose che non ha mai visto prima, un po’ infantile nei modi e molto impulsiva. La ricerca del coniglio bianco è per la bambina lo scopo primario nel libro. Lo cerca senza curarsi dei pericoli, inoltrandosi nelle pazze storie dei personaggi che incontra per strada. Quel famoso coniglio bianco che non si fa mai prendere.. È un Alice che sta crescendo quella che lo cerca: una bambina che ha paura di crescere e cerca in tutti i modi di rimanere sempre bambina. Ma Alice cresce, anche grazie ai personaggi che incontra. Il famoso Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina invitano la bambina al più pazzo ricevimento da tè che sia mai esistito: è lì che Alice è faccia a faccia con quello che è la normalità. Cos’è normale e cosa non lo è? Nessuno lo sa e neanche Alice, che cerca in tutti i modi di capire i due pazzi bevitori di tè che parlano in un modo così strano e fanno indovinelli senza senso e senza risposta. Alice non ha la risposta in nulla ma continua a cercare, è questo il suo scopo. Per tutti noi il diventare grandi è stata un’esperienza che ancora adesso ci ricordiamo: niente mondi incantati e gatti parlanti per noi, solo la dura realtà. Altro personaggio che Alice incontra per strada e che tutti noi avremmo voluto come migliore amico per poterci uscire il sabato sera è il Bruco Blu (noto a tutti come il Brucaliffo), intento a fumarsi un Narghilè. La stranezza di linguaggio e la sua particolarità di non farsi capire assolutamente mentre parla è la caratteristica di questo altezzoso bruco che non fa altro che fumare dalla mattina alla sera sopra ad un fungo.E qua, cari lettori, non aspettatevi osservazioni o, ancora meglio, elogi sui funghi e droga. Con il rischio di non venir pubblicata, vi dico solo che oltre alla famosissima scena del cartone animato disneyano “Dumbo” dove gli elefanti prendono varie dimensioni visti dal nostro elefantino preferito dopo una sbronza colossale, questa del Bruco Blu è altrettanto simile in fatto di sintomi derivati da sostanze illecite. Scegli, cara Alice, quale fungo prendere: quello che ti fa diventare grande o quello che ti rimpicciolisce? Alice è sola in questo mondo a dover scegliere.. nella realtà è solamente una bambina come tutte le altre ma nella fantasia di Carroll tutte le sue scelte hanno delle conseguenze. Scelte che spingeranno la bambina a crescere, a riprendere il contatto con la sua realtà e che tutto è destinato a cambiare. È alla corte della famosa Regina di Cuori che Alice si renderà conto lei stessa stava ingigantendo il tutto e che nella realtà i sudditi della regina non sono altro che un mazzo di carte. Riuscendo finalmente a comprendere che nulla al mondo è per forza degno di spiegazione e che la normalità del Cappellaio Matto sta di fatto nel crescere, Alice si risveglia e torna nel suo mondo. Capolavoro immortale quello di Carroll, che ha fatto sognare grandi e piccini. Tanti film sono stati fatti per omaggiare questo fantastico libro, specialmente il cartone animato Disney “Alice nel Paese delle Meraviglie” del 1951 che noi tutti ricorderemo. Personalmente non potrei dimenticarmi gli sberleffi dello Stregatto, il Non compleanno a base di tè mai bevuti e scambi di posto, del Bianconiglio sempre in ritardo e del famossimo “Tagliatele la testa!”. Un libro e un cartone animato magici che han saputo farmi sognare così tanto da piccola che ancora adesso mi ricordo ogni singola scena. I grandi fan di Alice però avranno una bella sorpresa in questi giorni.. Il 3 marzo 2010 è uscito “Alice In Wonderland” di Tim Burton: il regista dalle sfumature gotiche che conosciamo bene (Nightmare Before Christmas, ad esempio) che incontra la bella Alice. Che ne uscirà fuori? Forse un Bianconiglio dal cappello del Cappellaio Matto?

Chiara Moncini

Un affare di G8



Guido Bertolaso,capo del Dipartimento della protezione civile,coinvolto in un’inchiesta della Procura di Firenze sulla regolarità degli appalti per il G8,ha voluto dimettersi ma Berlusconi non ha accettato le richieste del sottosegretario. L’abitazione di Bertolaso è stata controllata,così come i suoi uffici,e quattro persone sono state arrestate. Gianni letta e Sandro Bondi hanno,però,mostrato di avere fiducia e stima per Bertolaso,che poco tempo dopo,avrebbe dovuto divenire ministro. E’ probabile che questa idea sia stata messa in dubbio dall’opposizione e anche da alcuni settori della maggioranza stessa. Il Pd (Partito Democratico),ad esempio,si era già espresso in merito attraverso il duro commento di Bersani. Tre persone furono arrestate,tra cui: Fabio De Santis,Diego Anemone e Mauro Giovampaola che aveva,addirittura,preso parte ad incarichi nella protezione civile. Il quarto ed ultimo arrestato era Balducci che era stato nominato “soggetto attuatore” delle opere per il G8 alla Maddalena (poi però sostituito da De Santis). In passato aveva avuto incarichi per gli interventi legati ai 150 anni dell’Unità d’Italia in programma nel 2011 e per la ristrutturazione del Petruzzelli (Bari). Egli è stato indagato a Roma si aper gli appalti dei Mondiali di nuoto 2009 sia per la parte romana per i 150 anni dell’Unità d’Italia in programma nel 2011. Tutto era cominciato per mezzo di un’indagine attuata dai carabinieri del Ros per controllare appalti necessari per il G8 della Maddalena (2008),questo perché vi erano state certe intercettazioni per quanto riguardava l’inchiesta Firenze (precisamente sull’area Castello). In quest’inchiesta era indagato anche Casamonti,titolare dello studio Archea. Egli era stato un progettista dell’hotel che ha ospitato i capi di Stato e di governo (alla Maddalena). Balducci viene indagato perché durante l’intercettazione delle telefonate di Casamonti viene fuori il suo nome e,quindi, diviene “vittima” dell’inchiesta. Intanto Casamonti viene accusato di truffa aggravata ed erogazioni pubbliche. Il vero motivo degli accertamenti della magistratura erano gli sprechi e le pessime condizioni in cui sostavano le strutture. La corte dei Conti aveva già preso ad indagare sui soldi utilizzati,giungendo ad una conclusione: 327 milioni (dati dalla Protezione civile) spesi dal governo attraverso la struttura di missione del G8. Gli interventi avevano riguardato l’ex Arsenale e l’ex ospedale militare. Ora le strutture si trovano in condizioni precarie e di degrado: soffitti ormai completamente crollati,tetti e porte danneggiate e nel complesso pericolose. Bertolaso aveva intrapreso un sopralluogo alla Maddalena per giungere alla conclusione che-sempre secondo Bertolaso stesso- tutte le strutture si trovano in perfette condizioni e che,esagerando,sarebbero accorsi,soltanto,alcuni lavori di manutenzione e di perfezionamento delle stesse.

Sagia Hammoud

Lo sapevo fare anch'io



Nel Rinascimento lo spazio prospettico è il simbolo del possesso umanistico dell’Universo. Al centro c’è la pupilla dell’artista, immobile e orgogliosa. Il Romanticismo porta a una perdita di dimensione ed esprime l’ansia portata da uno spazio discontinuo.
Nei primi anni del ‘900 il cubismo tenta di agguantare una quarta dimensione oltre alle tre della geometria euclidea, razionalmente e in sintonia con le nuove scoperte della teoria della relatività, e così lo spazio diventa moltiplicato.
Più avanti Willem De Kooning dirà “Tutto lo spazio che mi interessa è contenuto all’interno delle mie braccia aperte…” descrivendo così quella che allora fu definita la metafora del muro, l’espressione di una impossibilità conoscitiva. L’Universo si chiude intorno a noi come una parete invalicabile e impenetrabile.
Questo è il terreno nel quale prendono vita ovali crivellati di buchi e grosse tele monocrome squartate da tagli verticali apparentemente casuali. Che cosa vorranno significare?
Un pazzo a cui non piaceva l’arte, o forse non sapeva disegnare e sfogava in questo modo la sua frustrazione. Ho sentito dire di tutto su Lucio Fontana, ma la frase più comune è:
“Lo sapevo fare anch’io!”
Pare che l’artista sia il mestiere più semplice del mondo, che si tratti solo di bucare o tagliare un pezzo di stoffa. E’ stato anche detto con indignazione, che Fontana negli ultimi anni di vita facesse fare i suoi “tagli” a dei collaboratori. Così come Warhol faceva nella sua Factory.
Ma questo in che modo ci interessa? Quanto vale economicamente una rivoluzione culturale?
Perché al giorno d’oggi non si considera niente se non ha un valore in denaro, e allora ci scandalizziamo quando una delle sue opere viene venduta a 650 mila euro (la sua quotazione più alta per il Concetto Spaziale – Attesa venduto nel 2007 a Milano) senza renderci conto che una dichiarazione d’indipendenza non ha prezzo.
Forse, più che il costo dei suoi quadri, dovrebbe farci riflettere che non si comprende quale avanguardia abbia portato al pensiero e alla cultura lo Spazialismo di Fontana, perché lo sputo ritrovato sul vetro protettivo di una sua opera alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma è il segnale che qualcuno non solo non apprezza, cosa peraltro rispettabilissima come tutte le opinioni, ma denigra, sbeffeggia, ridicolizza e che si sente in diritto di sovrapporre la sua viscida “firma” a quella di Lucio Fontana pensando che il fratellino minore saprebbe fare di meglio!
La soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli ha spiegato: “Chiunque l'abbia fatto, aveva in mente un'idea precisa. Cioè che lo sfregio all'arte non era il suo sputo ma proprio i tagli di Fontana. Un diffuso luogo comune è il seguente: ma quale arte, quella 'roba' so farla anch'io”. La Marini Clarelli ha poi aggiunto: “Il fastidio e l'irritazione è soprattutto una caratteristica del pubblico appena adolescente. Tipico di chi viene qui, magari con una visita scolastica, e a quattordici anni dice: 'mio fratello è più bravo’”.
L’episodio ha spinto la soprintendente e la Galleria a proporre dal prossimo 13 maggio una mostra dedicata al concetto di taglio nel Novecento, al centro della quale ci saranno proprio i lavori di Fontana, i suoi quadri che sono una dichiarazione di guerra all’impotenza di rappresentare le dimensioni dell’occhio e della mente. Sono la dimostrazione di un’avvenuta simbiosi tra spazio reale e spazio virtuale. Cosa c’è oltre quel buco nero? Di certo non lo spazio dominato e ordinabile del Rinascimento, ma troveremo forse una dimensione vivibile. Sotto quali leggi e con quali modalità?
Spazio reale e spazio virtuale, altre dimensioni, buchi neri. Potrebbe sembrare la trama di un nuovo videogioco. E forse sarebbe l’unico modo per far conoscere alle nuove generazioni, e a quelle vecchie che si sono immedesimate troppo nel futuro, l’enorme importanza dei cambiamenti che l’arte ha contribuito ad apportare alla società.
Di sicuro chi ha creduto di saper fare di meglio dovrebbe pensare che le rivoluzioni culturali hanno portato la libertà di pensiero, e che se Fontana non avesse penetrato con i suoi tagli la realtà infrangendo così un tabù, questo sedicente ragazzino non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di esprimere la sua opinione.

Anita Ballabio

Una meta contro l’Apartheid



E’ il 1995 quando il Sudafrica, appena uscito dagli anni più bui della sua storia, ospita il campionato mondiale di rugby. E' uno Stato che, per larga parte del Novecento vittima delle politiche dell'Apartheid dei suoi stessi governi, è al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, già da qualche anno, grazie al suo nuovo Presidente (il primo di origini africane) Nelson Mandela. La sua elezione, chiaramente osteggiata dalla privilegiata razza bianca sudafricana, ha fatto del Sudafrica un Paese realmente democratico, cancellando le politiche razziste dei governi degli Afrikaners.
Uno dei simboli più forti dell'Apartheid sudafricano, però, è proprio il rugby, lo sport per eccellenza della razza bianca, che si contrapponeva al calcio, sport più diffuso nella popolazione di razza africana. (Eloquente dell'odio che serpeggia nel Paese, è il tifo che gli emarginati di colore facevano per le squadre avversarie nei match di rugby). In quanto simbolo dell'Apartheid anche a livello mondiale, la partecipazione della nazionale sudafricana (gli Springboks) alle competizioni internazionali non era affatto gradito.
Nel 1995, il Sudafrica, scelto come Paese ospitante della massima manifestazione del rugby, i Mondiali, è ammesso di diritto ed anche per la recente svolta che il Paese stesso ha dato alle proprie politiche. E' lo stesso Nelson Mandela che, approfittando della grossissima vetrina internazionale, "decide" di fare degli Springboks, l'icona del nuovo Sudafrica, compito piuttosto ostico, visto che la selezione prevede una quasi totalità di atleti bianchi, capitanati dall'atleta Francois Pienaar, ed un solo atleta di colore, Chester Williams.
La nazionale sudafricana non parte coi pronostici favorevoli della critica sportiva, anche per gli sciagurati test match prima dell'inizio della competizione mondiale. Però, con l'inizio della manifestazione, gli Springboks iniziano una marcia trionfale vincendo con Australia, Romania, Canada, Western Samoa e Francia, ed affrontando poi, in finale, gli ultrafavoriti All blacks neozelandesi, dell'irresistibile John Lomu. Questa partita è una delle più combattute e belle del mondiale che vede, dopo i tempi supplementari, i sudafricani prevalere sugli oceanici per 15-12, col drop risolutivo del numero 10 Joel Stransky. Gli Springboks, così, diventano i campioni del mondo. Lo diventeranno anche nel 2007 in Francia, ma la vittoria del '95, assume per diversi aspetti una aura leggendaria, ispirando anche Clint Eastwood che, nel 2009, realizza il film "Invictus", la storia di quei giorni e del legame particolare nato fra Mandela stesso e il capitano Pienaar (interpretati, nella pellicola, rispettivamente da Morgan Freeman e da Matt Damon).
L'esempio degli Springboks, a mio parere, è da considerarsi emblematico. Una giusta politica di integrazione, a volte mischiata allo sport, è una ottima strada per superare le barriere costruite dalla paura del diverso.

Andrea Cazzato

L’indimenticabile Signor G



Qualsiasi attributo risulta inadeguato per un personaggio come Giorgio Gaberscik ;conosciuto col nome d’arte di Giorgio Gaber ..ma possiamo comunque affermare che è stato, per la musica, per il teatro e ,in alcuni versi, anche per la politica un personaggio di importante rilievo.
Prende in mano la chitarra a soli 15 anni in seguito ad un incidente a causa del quale per poco non rischia la paralisi al braccio sinistro.
I risultati sono subito visibili:comincia a suonare al Santa Tecla, locale conosciuto di Milano, riuscendo in questo modo a pagarsi gli studi ; si diploma in ragioneria e frequenta la facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi.
Suonando al Santa Tecla di Milano entra infatti a far parte della band dei Rock Boy nella quale suonano anche Adriano Celentano ed Enzo Jannacci. Ed è proprio con quest’ultimo che Gaber si unisce, nel 1959 a formare il duo dei Due corsari.
La sua carriera solista comincia nel 1958 con Ciao ti dirò, un singolo che dà il via al Rock italiano. Gli anni successivi sono ricchi di grandi successi per il Signor G ;tra cui La ballata del Cerutti, uno dei suoi brani più conosciuti del periodo.
Partecipa a diverse edizioni del festival di Sanremo ;tra cui quella del 1966 alla quale si presenta con uno dei suoi più grandi successi: Mai,mai,mai.
Gli anni 70 sono la svolta definitiva per la carriera di Gaber. Dopo aver pubblicato gli album L'asse di equilibrio e Sexus et politica , nei quali mette molto in evidenza la sua “aggressiva” ironia verso la politica;egli decide di portare la musica in teatro con il recital Il Signor G.
In teatro Gaber si sente più libero e riesce a esternare le sue ideologie più che in televisione e i suoi spettacoli si protraggono fino agli anni 90.
Nel 13 aprile del 2001 pubblica il suo penultimo disco La mia generazione ha perso del quale fa parte anche il singolo Destra – sinistra ,uno dei suoi brani più celebri.
Giorgio Gaber muore l’1 Gennaio del 2003 all’età di 63 anni, afflitto da un’atroce malattia; ma la carriera del brillante artista termina solo nel 24 Gennaio dello stesso anno quando esce il suo ultimo album:Io non mi sento italiano con il quale il cantante ribadisce nuovamente con ironia e comicità l’effettiva drasticità della società italiana e per questo non verrà mai dimenticato.

Chiara Hammoud

venerdì 19 febbraio 2010

Immigrati contro le mafie



«Gli immigrati sembrano avere un coraggio contro le mafie che gli italiani hanno perso» , così commentava Saviano al tg3 la rivolta scoppiata lo scorso Gennaio a Rosarno. Il pomeriggio del 7 Gennaio degli sconosciuti hanno sparato diversi colpi su 3 immigrati di ritorno dai campi. La reazione non si è fatta attendere, e dalla sera stessa sono iniziati gli scontri violenti tra lavoratori stranieri e forze dell'ordine. Con l'incrementarsi della protesta e gli attacchi a negozi e automobili, la risposta dei rosarnesi si è fatta violenta, con la creazione di ronde contro gli africani.
Fatti del genere si sono prestati facilmente a banali manipolazioni e semplificazioni, e così Maroni non ha perso l'occasione per puntare il dito contro il “lassismo” delle politiche migratorie, senza contare il fatto che queste corrispondono da qualche anno alla legge Bossi-Fini, che è figlia della sua stessa corrente politica. Non ci si è chiesto il perché di quelle proteste, quali siano le condizioni che hanno condotto a questo risultato. Quando lo si è fatto ci si è limitati a vederlo come il frutto del poco rigore della legge contro il reato di clandestinità, e dei conseguenti effetti negativi.
Ma cerchiamo di capire la situazione. Prima di tutto chi sono i protagonisti delle rivolte di Rosarno? Non tutti sono privi del permesso di soggiorno, come ad esempio uno dei ragazzi feriti nell'attentato che scatenò la rivolta. Altri hanno il permesso di soggiorno ma rischiano di perderlo, in virtù della Bossi- Fini, magari dopo aver perso un lavoro in un'azienda del Nord. Alcuni infine sono richiedenti asilo a cui è stato opposto un rifiuto.
Facciamo un passo indietro nel tempo, già nel dicembre 2008 accadde nel rosarnese qualcosa di molto simile, e a seguito del grave ferimento di un ventunenne ivoriano in un attentato da parte di uno sconosciuto che sparò su alcuni immigrati che vivevano in una fabbrica fatiscente, ci fu una risposta ferma ma pacifica. In quest'occasione gli immigrati si ribellarono alla mafia collaborando con la giustizia, facendo arrestare alcuni dei responsabili delle loro condizioni.
Ma se si vuole parlare di responsabilità, ci si può forse fermare agli aguzzini dei lavoratori di Rosarno?
Vogliamo forse chiudere gli occhi sulle responsabilità dei Ministri dell'Interno, del Lavoro, delle Attività produttive, e dell'Agricoltura? Non sanno forse in che condizioni queste persone si trovano a lavorare?
Il comune di Rosarno fu sciolto tempo fa per infiltrazioni mafiose ed è ora amministrato da un commissario prefettizio. Da circa 40 anni dilaga incontrollato il potere della 'ndrangheta, e i lavoratori stranieri sono in balia di queste organizzazioni criminali da una ventina d'anni a questa parte. I caporali che dispongono del lavoro di queste persone fanno riferimento alla mafia locale, e c'è solo da chiedersi a chi andrà il potere politico una volta che nel comune si tornerà ad elezioni. Luoghi privi della presenza dello Stato, luoghi di cui lo Stato si dimentica fino al momento in cui scoppia un problema troppo grande per poterlo nascondere, e troppo ghiotto per non essere strumentalizzato.
Politici che cercano consenso sulla pelle di queste persone, che in vorrebbero solo un lavoro onesto, e che rischiano di essere visti come i soliti “negri”.
Al Nord la situazione è un'altra, per gli immigrati l'accoglienza è più decente rispetto a quella che viene loro riservata nel meridione, ma a fronte di ciò viene comunque dato il voto alla Lega, nonostante ci si renda perfettamente conto di quanto la presenza degli immigrati qui sia vitale per l'economia delle piccole imprese.
Allora oltre a chiedere a politici come Maroni come si possa ridurre il problema a una questione di mera tolleranza che andrebbe diminuita, bisognerebbe pretendere una risposta anche a un altro quesito. Se vogliamo che i clandestini se ne vadano, bisogna trovare italiani disposti a sostituirli. Siamo sicuri di poterlo fare senza creare problemi enormi alla nostra stessa economia?
Se invece vogliamo che si regolarizzino, come è possibile appoggiare questo processo, con la legge sull'immigrazione che grazie al suo partito ci ritroviamo?
E invece una domanda mi permetterei di rivolgerla a tutti quelli che distrattamente hanno guardato in quei giorni i telegiornali, e senza troppi indugi hanno digerito le versioni semplificate dei vari tg1. Ci si è mai chiesti da che razza di inferno debbano scappare queste persone, per arrivare ad accettare l'inferno di Rosarno? Vivere raccogliendo agrumi e pomodori fino al successivo periodo di disoccupazione, quello che viene dopo ogni raccolta. Vivere in condizioni al di sotto del limite della dignità umana. Questo è ciò a cui gli immigrati di Rosarno- e non solo- sono sottoposti. Questo è il motivo per cui è scoppiato l'inferno, quello che ha spinto Saviano a dire che solo gli immigrati, ormai, pensano a salvaguardare i loro diritti. Per loro “diritto” non è una parola scontata, non è priva di senso. E' qualcosa per cui ancora bisogna lottare. Ma se anche noi ci sentiamo al di sopra di queste necessità, tanto da vivere con indifferenza questi problemi, perdiamo la nostra dignità di cittadini.

Manuela Marcarelli

giovedì 18 febbraio 2010

Quarto Potere di Orson Welles



Questo mese ho l’onore di poter recensire uno dei più bei film mai stati fatti nella storia del cinema. Il film in questione è “Quarto potere” diretto dal regista Orson Welles (1941). Il “Vietato l’ingresso” all’inizio del film lo vediamo appeso alla recinzione della dimora del grande magnate della stampa Charles Foster Kane, da cui il film prende liberamente spunto. Influenzato dal grande maestro David Griffith (regista nel 1915 de “La nascita di una nazione”), Welles rinnova completamente il cinema: inquadrature a fuoco sia in primo piano che sullo sfondo, continui salti avanti e indietro nel tempo, il distorcere le immagini ottenendo così significati simbolici. Con Orson Welles dimentichiamoci pure del vecchio cinema, con lui è tutta un’altra storia. È la nascita del cinema moderno, questa che vediamo: lo sguardo di noi spettatori è lo stesso del regista e della cinepresa. Il film è da paragonare ad un grosso puzzle, dove ci vengono mostrati vari frammenti della vita di Kane, raccontati e visti con gli occhi dei vari personaggi che hanno influenzato la vita del magnate. Chi era Charles Foster Kane? È solo all’inizio del film che possiamo vederlo in maniera diretta: per tutto il resto del lungometraggio, grazie anche alla superba recitazione dello stesso Welles, Kane è un ribelle, un marito poco amorevole, un megalomane, un direttore straordinario, un padrone fuori di testa. Welles ha saputo demolire completamente il suo personaggio per poi riattaccarne i pezzi poco per volta. Il compito più arduo per noi è capirne il senso: nessun protagonista che emerge più degli altri, non c’è un lieto fine, una parola pronunciata e mai più ripresa all’inizio del film… né noi né i vari narratori sanno nulla e capiscono nulla. Una cosa si riesce a vedere: l’incredibile somiglianza tra Kane e gli Stati Uniti d’America, nati in gloria entrambi e finiti in rovina. Critica aspra quella di Welles, amareggiato forse lui stesso alla vista del naufragare del Sogno Americano. Non americano ma ardente il sogno del direttore del giornale di scavare nella vita del magnate: da uomo ricco e con un enorme potere ad uomo che muore solo. È quasi il destino dell’uomo stesso. Una pellicola così complessa che non bastano poche righe ad analizzare l’indagine psicologica degli aspetti più intimi della personalità di un uomo, attraverso le testimonianze di coloro che lo conobbero. Un film che consiglio ASSOLUTAMENTE di vedere. Un film che è stato premiato come miglior film della storia del cinema. Un Orson Welles che a soli 26 anni aveva capito come girava il mondo della politica e della stampa in America. E come Kane vi lascio con una sola parola: “Rosabella”.

Chiara Moncini

Il lato duro della musica



Il gruppo, formato da Jimmy Page (chitarra), Robert Plant (voce e armonica), John Paul Jones (basso e tastiere) e John Bonham (batteria) nel '68 è stato, assieme ai deep purple, il pioniere della musica hard rock/ heavy metal. Il gruppo alle origini era noto come gli “Yeard birds” decisero poi di cambiare nome in Lead Zeppelin ( sommergibile in piombo) che divenne Led Zeppelin. Il loro primo disco omonimo al gruppo della band questo ebbe successo ma il secondo disco, Led “Zeppelin 2” con la canzone “Whole Lotta Love” raggiunse la vetta delle classifiche per diversi anni e rimase come simbolo dello stile musicale del gruppo. Il quarto disco, ufficialmente senza nome, raccoglie i brani considerati più belli come “The Battle of Evermore” e la più famosa “Stairway to Heaven” che oltre a racchiudere elementi hard rock inizia molto lentamente ricordando musica celtica e rappresenta la motivazione del gruppo a non fare solo musica hard.
Si diffusero alcune storie data la loro eccentricità fuori del palco, vennero infatti accusati di aver distrutto intere stanze d'albergo. Plant nel '76 ebbe un incidente in auto e non potè più esibirsi saltarono così diversi concerti e portò ad aggravare la situazione del gruppo che già era stato sorpassato ed aveva problemi fiscali. Nel 1980 il gruppo si sciolse a seguito della morte di Bonham morto per intossicazione da alcol. Nel 2007 il gruppo si è riunito con un concerto che gli ha permesso di entrare nel guinness dei primati per la maggior richiesta di biglietti per una singola esibizione dal vivo.

Viviana Leupin (RIP)

L'interpretazione dei sogni di Renè Magritte



Sarà che la televisione (soprattutto l’uso dei sottotitoli) ci ha abituato a decifrare velocemente testo e immagine. Fatto sta che ci accorgiamo immediatamente di qualcosa che non funziona nelle didascalie de L’interpretazione dei sogni di Renè Magritte.
Potremmo al limite immaginarci una spiegazione per un cappello sotto il quale è scritto “La neve” o per un bicchiere immediatamente sopra l’indicazione “La tempesta”, fosse solo perché il cappello protegge dalle intemperie o perché la politica belga scatena ogni tanto tempeste in un bicchier d’acqua. Ma un martello che s’intitola “Il deserto” o una candela accesa battezzata “Il soffitto” sono cose che urtano decisamente il buon senso. Eppure le scritte non sono state invertite: le possiamo spostare a piacere ma il puzzle non si ricompone . In genere di fronte a tante bizzarrie, aggrottiamo le sopracciglia e assumiamo un’aria di commiserazione. Questa volta, però, responsabile di tale confusione fra concetto e immagine è Magritte, artista ancora attualissimo la cui opera non può lasciare indifferenti. Conviene forse cercare l’errore non nell’immagine bensì in noi stessi. Non ci aspettiamo forse dagli artisti che affinino il nostro sguardo sul mondo e che ravvivino la nostra sensibilità estetica un po’ troppo attutita? Nei dipinti con parole, Magritte dimostra che il contenuto dell’opera d’arte non può essere delimitato dalle effettive limitazioni dell’immagine e della parola in quanto sistemi di segni convenzionali, né dalla loro dipendenza dall’oggetto.
Egli dispone di un vero e proprio catalogo di oggetti che assembla, che mette in scena così come un mago li cava dal proprio cappello e li dispone obbedendo alla propria fantasia.
Utilizzando una tecnica di illusionismo di ordine onirico è capace di raccontare come un perfetto narratore i lati misteriosi dell’Universo. Queste apparenti contraddizioni tra realtà e rappresentazione generano uno stato di perplessità che costituisce la poesia dell’opera.
Per la prima volta lo scopo dell’arte non è l’arte di per sé, ma la riflessione.

Anita Ballabio

Giorgio Masiero



Cavaliere, istruttore, direttore di campo internazionale: Giorgio Masiero è sicuramente una figura di spicco nel panorama del salto ostacoli italiano.
Ma non solo, perchè è anche tra i pochi ad aver corso anche negli ippodromi italiani nelle gare di cross country.
Alla completezza del vero uomo di cavalli Masiero unisce anche una notevole longevità agonistica, visto che ancora lo scorso anno, all'età di 61 anni -
è nato infatti a Padova il 15 luglio 1948 - era in campo ostacoli, anche se per disputare pochi concorsi. Ma solo quattro anni prima, nel 2005,
aveva concluso una stagione di grande spessore, con 11 vittorie su 14 gare disputate.
Il curriculum di Giorgio Masiero è senz'altro di tutto rispetto, soprattutto tenendo conto che quelli erano gli anni in cui i fratelli Piero e
Raimondo D'Inzeo, forti anche della quantità e qualità di cavalli messi loro a disposizione dall'esercito italiano, dominavano completamente la scena,
italiana ed internazionale, insieme ad un altro fuoriclasse del calibro di Graziano Mancinelli.
Forte dell'esperienza acquisita in cross country, Masiero si dedica a tempo pieno al salto ostacoli e si mette subito in luce venendo chiamato a far
parte della rappresentativa azzurra allo Csio (acronimo dal francese di Concorso Internazionale di Salto Ostacoli) di Piazza di Siena, a Roma,
e nella squadra ufficiale nello Csio di Nizza, con Piero d'Inzeo e Graziano Mancinelli e Umberto Lupinetti, altro giovane emergente.
Nell'arco della sua carriera, con una serie lunghissima di successi ad ogni livello - è statodue volte tra i primi 5 agli assoluti italiani -
il cavaliere padovano si è però dedicato anche alle attività complementari di istruttore federale e direttore di campo nazionale, sin dalla costituzione
dell'apposito albo federale, e poi internazionale.
Strategica per la sua attività di istruttore è stata l'apertura di un centro ippico - Il Garden Sporting , a Cislago, a metà strada tra Milano e Varese -
con scuola di equitazione e pony e attività di ippoterapia. La scuderia può ospitare fino a 100 cavalli ed offre ai propri ospiti un'eccellente ed ampia
struttura, con club house, ristorante, bar, salone per feste, selleria e due spogliatoi con docce calde.
Il punto di forza è però l'ampio spazio disponibile - tondino, tre campi coperti rispettivamente di, campo in erba, due campi esterni in sabbia e tre zone lavaggio per cavalli. Il tutto con la possibilità di uscire dal maneggio e passeggiare
in pineta.
Anche per una persona attiva e dinamica come Giorgio Masiero tutte queste attività sarebbero state però impossibili senza il supporto di un valido staff
di collaboratori, ed infatti a coadiuvarlo nella gestione del maneggio ci sono quattro istruttrici: la figlia Martina, Barbara, Benedetta e Niki.
Ancora oggi molto richiesto come trainer - con lui sono cresciuti molti giovani di talento - Masiero vanta anche la partecipazione alla Commissione
Tecnica per le olimpiadi di Barcellona.
Da vero uomo di cavalli Giorgio Masiero non ama molto i riflettori, preferendo lavorare sodo e seguire, nei pochi momenti liberi, la sua amatissima Inter.

Anna Simone

Statista o corrotto?



Benedetto Craxi detto Bettino,nato a Milano nel 1934 e morto in Tunisia nel 2000,fu l’unico politico socialista italiano a ricoprire la carica del Presidente del Consiglio dei Ministri, dal 1983 al 1987,in due governi consecutivi. E’ stato uno degli uomini politici più considerevoli ma anche uno dei più discussi: fu infatti condotto all’incriminazione e alla duplice condanna in sede penale. Ma ripercorriamo la sua carriera politica. Nel 1976 il socialista De Martino (al tempo segretario del PSI) provocò la caduta del governo Moro. Le elezioni furono così anticipate e il PCI (Partito Comunista Italiano) di Berlinguer ebbe una crescita impressionante di voti. De Martino fu costretto a dimettersi e di conseguenza nel PSI (Partito Socialista Italiano) emerse una grave crisi. Si richiedeva una nuova identità politica che cercasse di imporre nuovamente il partito socialista ai livelli di partenza. Fu così eletto, come nuovo segretario, “Bettino” Craxi. Egli fu spesso considerato un abile politico: aiutò il partito ad uscire dalla crisi,elesse politici giovani,lavorò con energia e decisione. Rivalutò al meglio il pensiero socialista libertario e come si può notare nella sua biografia fu spesso protagonista di critiche al socialismo di Lenin. Egli fu visto come un politico totalmente nuovo per il governo Italiano: si allontanò fermamente dal “lenismo” rifiutando un governo autoritario,fu comunque sempre attento alle battaglie condotte dai radicali riguardanti i diritti civili. Aumentò la sua notorietà attraverso i mas-media e rafforzò il suo decisionismo. Fu spesso criticato dalla sinistra interna ma ottenne comunque ottimi voti alle elezioni e questo lo portò nel 1983 a divenire Presidente del Consiglio. Il primo governo Craxi è sostenuto dal Pentapartito (un'alleanza fra Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli). Il suo fu uno dei governi più lunghi della Repubblica e provvedimenti intrapresi dal suo governo furono parecchi,alcuni dei quali considerati più importanti (riguardanti la politica interna dei governi): prese un accordo con la Santa Sede,nel quale si prevedeva che la religione cattolica non sarebbe più stata la “Religione di Stato” e che il suo apprendimento nelle scuole sarebbe stato facoltativo. Abolì la “congrua” e instituì l’8 per mille. Portò la potenza economica Italiana al secondo posto,dopo il Giappone. Diminuì l’inflazione e aumentò invece i salari (sotto il suo governò, però, il debito pubblico Italiano superò pesantemente la media Europea. Venne per questo criticato e considerato,quindi, disonesto). Condusse una battaglia agli evasori fiscali e pose,infatti, l’obbligo del registratore di cassa e dello scontrino fiscale. Volle attuare un condono nel 1985 che però non fu mai posto realmente in atto: esso consisteva nel l’introdurre una serie di nuove regole penali. Decise di attuare il “decreto Berlusconi” che prevedeva la legalizzazione delle reti televisive, a quel tempo nelle mani dell’imprenditore Berlusconi Silvio. Il decreto provocò parecchie critiche nel Paese e fu accettato dal Parlamento solo grazie al voto di fiducia. Vi furono anche parecchie azioni criticate o fallite: un ricordato fallimento da parte di Craxi fu la proposta della “lira pesante”, ossia un progetto che prevedeva la parità uno a mille della valuta (con la probabile coniazione di una moneta riportante la figura di Garibaldi). Inoltre molto criticati furono gli interventi del Presidente del Consiglio a porre fine al mandato di Cuccia (allora presidente di Mediobanca) e l'opposizione che intraprese contro la vendita del complesso alimentare dell'IRI.
Egli oltre a emergere nelle scelte sulla politica interna, lavorò parecchio anche per la politica estera dell’Italia. Fece molteplici azioni, molte delle quali furono condivise e molte delle quali furono,invece, criticate: Craxi continuò con la politica atlantista già intrapresa dai suoi predecessori,ai quali aveva dato l’appoggio del suo partito per l’installazione in Sicilia degli “euro-missili” posizionati contro l’URSS. Contemporaneamente intraprese azioni legate alle problematiche del terzo mondo: come il sostegno dato all’Argentina durante la guerra delle Falkland stando bene attendo a non intervenire,in alcun modo,in prima persona nello scontro. Prese accordi con diversi governi e sostenne dittatori socialisti. Fornì inoltre appoggi ai Palestinesi collaborando con l’OLP e con il suo leader Y. Arafat. Il principale obbiettivo al quale il Presidente del Consiglio mirava era quello di fare dell’Italia una potenza conosciuta in tutto il mondo. Ma gli episodi che in assoluto furono considerati più significativi coinvolsero Egitto,Libia e Tunisia ( il bombardamento americano a Tripoli e la deposizione di Bourghiba). Dopo aver subito duri scontri in governo il colpo di grazia fu la caduta: iniziò nel 1992 quando l'ingegnere Mario Chiesa, esponente del PSI, fu arrestato per aver rubato una considerevole somma da una ditta di pulizie. Craxi commentò con una semplice frase: «una delle vittime di questa storia sono proprio io... Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un'ombra su tutta l'immagine di un partito che a Milano, in 50 anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione». Ma poco tempo dopo l'arrestato,Mario Chiesa, svelò ai pubblici ministeri dell'inchiesta Mani pulite (con questa espressione è stata designata un'indagine giudiziaria condotta in Italia durante gli anni novanta dove dalle indagini emerse una diffusione della corruzione e del finanziamento illecito ai partiti detta Tangentopoli). Craxi volle comunque organizzare una campagna elettorale puntando nuovamente alla presidenza del Consiglio. Ma dopo queste elezioni il PSI subì un calo di voti. «Un piccolo calo» commentò Craxi «rispetto alla crisi dei partiti di governo». Chiese così al Presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro) di poter guidare «l'Italia fuori dal caos»,ma quest'ultimo rifiutò: non volle,infatti, concedere alcun incarico ai politici vicini agli inquisiti. Essendo ormai la questione Mani Pulite divenuta nazionale, Craxi nel 1992 fece un discorso nella Camera dichiarando «spergiuro» chiunque avesse negato la partecipazione al finanziamento illecito dei partiti. Alcuni commentarono l'atto di Craxi come un discorso «onesto» (secondo Gerardo D'Ambrosio) rispetto al silenzio "irresponsabile" di coloro che tacquero.
Molti altri però videro in Craxi solo il protagonista di un complotto; secondo loro egli stava cercando un modo per difendere se stesso,senza giungere a prove concrete ma tentando di chiamare in aiuto sostenitori che però non si videro. La debolezza di Craxi si fece più forte nel 15 dicembre del '92 quando la Procura di Milano gli fece recapitare un avvertimento: presto egli sarebbe stato sottoposto ad indagini preliminari in cui sarebbero stati raccolti dati utili per la formulazione dell'imputazione. Dal quel momento il sentimento degli Italiani si trasformò completamente in "anti-craxiano". Fu una vera e propria accusa messa in atto dall'intera folla, tanto che fu addirittura descritta come "autentico contagio di massa". Non passava giorno senza che l'ex Presidente del Consiglio non fosse inseguito e non si sentisse urlare alle spalle "ladro!". Dovette quindi, in seguito, dimettersi dall'incarico di segretario del PSI. Tenne,poi, un discorso alla Camera nel 29 aprile del '93 in cui dichiarava "Basta con l'ipocrisia!". Secondo lui infatti tutti i politici si servivano delle tangenti , anche quelli "che qui dentro fanno i moralisti". Lo stesso giorno la Camera dei Deputati non autorizzò a procedere contro di lui e l'Italia venne sommersa di proteste rabbiose. Cominciarono a svolgersi numerose manifestazioni cariche di frustrazione. Durante il 1993 si trovarono sempre più accuse contro Craxi. Quando era ormai sul punto di essere arrestato fuggì in Tunisia ad Hammamet. Fu quindi,in seguito,dichiarato latitante e fu criticato per la sua "codardia" all'essersi sottratto alle pene inflittegli. Egli per molti anni continuò a partecipare vivamente alla vita politica Italiana, seppur da lontano. Nel 19 gennaio del 2000 venne a mancare a causa di un arresto cardiaco.

Sagia Hammoud