

1597, Caravaggio dipingeva il Canestro di frutta (l’immagine emblematica che ci riporta alle care e vecchie 100 mila lire!).
1957, Andy Warhol esponeva due barattoli di zuppa Campbell’s vuoti e le scatole del detersivo Brillo a New York.
Ma perché non trovare dei punti di incontro? Impossibile? Assolutamente no.
Entrambi ebbero una vita turbolenta, a soli 20 anni Caravaggio viene accusato di omicidio. Uomo dal carattere spigoloso e irascibile. Warhol, dal canto suo non era certo un santo. Dichiaratamente omosessuale, il nostro Andy non si faceva mancare nulla nemmeno sotto quel profilo. Mentre Michelangelo Merisi (detto appunto Caravaggio) si diceva che dipingeva i suoi fanciulli scegliendoli accuratamente dai bordelli che amava frequentare.
Sotto il profilo artistico sono due menti geniali, l’obiezione che mi si potrebbe porre dopo un’affermazione del genere è forse che ciò che ha fatto Caravaggio è quasi impossibile da emulare mentre nel caso di Warhol, chi non sarebbe capace di svuotare una confezione di zuppa, conservarla e metterla in mostra?
Bene, la difficoltà di Warhol stava nel periodo storico e nel momento culturale in cui lui ha presentato questi lavori. Il clima di cambiamento culturale e la rivoluzione che ha apportato all’arte sono stati epocali, così come incredibile è stato il successo di Caravaggio nel ‘500. Fu un’icona per tutti i giovani pittori di quel tempo. Così come lo fu Warhol negli anni ’50.
La mia voleva essere una provocazione e un invito a riflettere che l’arte, tutta, ha il suo tempo. Quello che circola in questo periodo non è altro che lo specchio della società in cui viviamo. Le nostre città, i nostri politici, la nostra arte siamo noi a creare tutto questo.
Anita Ballabio
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