
In Italia la satira pare scomparsa perché non più ammessa in televisione. Fenomeno solo italiano: se non lo condividi, lo censuri. Questo il quadro che ci conduce all’ultimo spettacolo teatrale di Daniele Luttazzi, “La Guerra Civile Fredda”.
Nuovo ma analogo nei temi ai programmi Satyricon e Decameron banditi da Rai Due e La7, La Guerra Civile Fredda, analizzando minuziosamente i cinque basilari elementi della narrazione emotiva (gli ostacoli da superare, le debolezze, il volere a tutti i costi qualcosa, l’unicità ed infine il protagonista e l’antagonista agli antipodi) rapportati ai casi della cronaca più recente, ci rivela come “l’analisi narratologica” riesca ad anticipare e dimostrare certi fatti.
Satira a dir poco feroce in ambito politico: si legge con estrema chiarezza sia l’allarmante successo di Berlusconi sia il fallimento d’una sinistra inefficiente nel prefiggersi modelli nuovi e alternativi. Sesso e morte s’intravedono continuamente. Si fa attendere, invece, la religione, approfondita nella seconda parte dello spettacolo: un continuo di critiche al vetriolo sui controsensi di ogni confessione e sull’immoralità del cattolicesimo.
Secondo Luttazzi lo scandalo della satira non è nei termini indecenti (fastidiosi forse per chi li ascolta) in quanto essi non prendono di mira la persona ma i suoi pregiudizi. I pregiudizi rassicurano. La satira no.
Arte ironica e tagliente che va sempre dritta al punto. E non c’è censura o querela che tenga.
“Una delle funzioni principali della satira è quella di affrontare i problemi scomodi. La satira presume che il pubblico abbia un cervello.” (Michael Moore)
Moncini Chiara
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