martedì 9 febbraio 2010

Fight club: sei pronto a batterti?



Tyler: Personaggio storico [con cui ti batteresti]?
Jack: Mi batterei con Gandhi.
Tyler: Ottima risposta!

Ritmo incalzante da videoclip, battute fulminanti e genio visivo per questa pellicola del 1999 di Fincher (già noto per Alien e Seven) tratta dal celebre (secondo) romanzo di Chuck Palahniuk.
Jack/Norton è un piccolo borghese insoddisfatto tormentato dall'insonnia (come De Niro in Taxy Driver, Scorsese 1976). Nel tentativo di guarire frequenterà dei gruppi di autosoccorso per malati terminali et similia, i "tagliati fuori" nella corsa costante dell'essere umano nell'agonismo sfrenato della società contemporanea.
Durante il lavoro incontra Tyler/Pitt, suo alterego vincente che gli farà fondare i Fight Club e sono botte da orbi. Il resto ve lo guardate da voi.
Jack è uno che soffre. Chi è la causa della sofferenza di Jack? Tyler gli farà capire che la società lo opprime, che le "le cose che possiedi alla fine ti possiedono" ed è possibile ribellarsi. E' il proprio senso d'insoddisfazione che lo porta a distruggere i suoi (illusori) averi, che lo farà abitare in una casa fatiscente, che gli farà abbandonare il suo piccolo mondo di prima ( quasi una critica di stampo Buddhista sulla vanità dei beni terreni). Tocca sempre a Tyler resettare la mente di Jack e mettere un po' di ordine nel disordine cosmico. «Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi.» (Nietzsche.)
Nei Fight club vediamo gli uomini che si liberano dall'angoscia dell'esistenza. Cercano la realizzazione tramite lo scontro, nella spinta ad avvicinarsi verso lo spirito dionisiaco e puro dell'essere umano; il tutto senza la benchè minima traccia di spiritualità o “filosofie” New Age ma col buon vecchio metodo: cazzotto e sberla.
Il film offre una visione altamente critica della società corrotta, del consumismo moderno che il protagonista contrasta ergendosi a difensore della stirpe dei migliori uomini.
C'è solo da lottare, contro i nostri demoni, contro la società, contro se stessi, contro tutti: «L'uomo deve essere addestrato solo alla guerra [...]. Tutto il resto è stupidità.» sempre Nietzsche.
Da sottolineare il livello eccelso dei dialoghi, il tutto in un film mozzafiato e dal ritmo sostenuto come Hollywood impone. Nel finale c’è una citazione per gli amanti di Bruce Lee di "l'urlo di Chen" (1972).
Accolto tiepidamente della critica ma grande successo in homevideo, tanto da guadagnarsi, 10 anni dopo, il termine "cult".

Giuliano Frontini

Nessun commento:

Posta un commento