
Christo , De Maria, l’universo.
Potrebbe essere l’inizio di un salmo della Bibbia e visto che non da molto è passato Natale ci sta anche, invece parliamo di Land art. O Earth art. O Side specific art. C’è chi prende una tavolozza e una tela e si sente Giotto e c’è chi costruisce una spirale che si vede anche dal satellite o impacchetta il Reichstag e il Duomo di Milano o disegna una striscia di gesso lunga un miglio nel deserto del Nevada e si fa filmare mentre lo percorre:unico documento di quella performance. Perché poi quando c’è vento il gesso vola via. E non si può tenere impacchettata la sede del parlamento tedesco a vita.
La Land art è così. Dura il tempo che deve durare,per essere vista,per stupire,per farsi ammirare. Poi scompare,fagocitata dal tempo dalla velocità con cui si succedono gli eventi.
La Land art è un monito alla contemporaneità pur essendo vetusta (nasce negli anni 60 nel centro-ovest America),perché ci ricorda che non ci si può fermare e che nulla è per sempre.
Un pensiero che paradossalmente non nasce oggi,ma più di cinquant’anni fa. Con lo sbarco sulla luna l’uomo inizia ad avere una percezione diversa di sé e del mondo e comprende di vivere in una grande comunità (quello che poi sarà il famoso “villaggio globale” Mcluhaniano) che ha un impatto sulla natura e sulla Terra, sulla sua armonica vitalità, per i ritmi e per l’ordine che la caratterizzano.
Da qui una sensibilità diversa e un nuovo modo di concepire l’arte,come qualcosa di rarefatto e di temporaneo,che strizza l’occhio al minimal e all’action painting ma su macroscala. L’unica pecca è aver relegato questa forma d’arte a nicchia e non averle dato il giusto peso in quanto molto attuale.
L’idea non è quella di sconvolgere la natura,bensì di unirsi armonicamente ad essa e il significato profondo non sta tanto nell’opera d’arte in sé ma nel pensiero che la genera e nel senso che le si dà.
Deniz Santoro
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